I veleni del Nordest

I VELENI DEL NORDEST
 

… A Treviso, la provincia-simbolo del modello di sviluppo del Nordest, il concetto di distretto industriale è recentissimo tant’è che solo a marzo di quest’anno la Regione Veneto ha individuato le zone ad alta specializzazione per la Marca: tra queste è inserito il comparto della calzatura sportiva per il territorio Montebellunese, un’area ristretta caratterizzata dalla presenza di una fitta rete di piccole aziende che orbitano attorno alle grandi industrie. Molti riferendosi in particolarmodo a questo panorama produttivo hanno parlato di “miracolo”, ma in realtà quale è stato il prezzo pagato in termini ambientali e di salute pubblica per il livello di benessere raggiunto? E’ chiaro che analizzare aspetti così vasti e delicati è complesso soprattutto se si pensa che solo per quanto concerne le emissioni in atmosfera i 3 ispettori della sezione chimico-ambientale dell’Ulss trevigiana devono controllare oltre 42.000 tra ciminiere e camini industriali. Un dato è certo, che la provincia di Treviso detiene il primato nazionale di morti per cancro con un decesso su tre, meno certe sono invece le cause di questo drammatico fenomeno infatti pur se la regione Veneto ha affidato all’Università di Trieste il biomonitoraggio della qualità dell’aria nessuno si è mai preoccupato di collegare i dati raccolti con la realtà territoriale nonostante siano emerse concentrazioni di metalli pesanti in atmosfera localizzate in aree ben precise. Questa lacuna è stata in parte colmata da alcuni comitati popolari con una serie di comparazioni dalle quali emerge un dato interessante: non sono le grandi industri della calzatura sportiva in se a rappresentare un pericolo ma bensì le molte produzioni ad essa collegate. Un esempio emblematico è dato dalla “International Foam Italia spa” azienda leader nel settore della produzione del polietilene reticolato espanso comunemente utilizzato per la realizzazione della gommapiuma di cui sono foderati i doposcì. L’azienda che ha sede a Volpago (TV) è regolarmente autorizzata ma dà da pensare quanto ha affermato in un colloquio con i rappresentanti del “Comitato popolare per la verifica della compatibilità ambientale” la dott. ssa Paola Corziali del Servizio Igiene dell’Ulss: “Non vi sono dati statistici-storici di un identico processo su cui parametrare la Foam … gli effetti dei fumi e degli odori, diversi da persona a persona sono ascrivibili a reazioni individuali”. Non hanno invece trovato interlocutori i cittadini di Crocetta del Montello che da anni si lamentano per i rumori e le polveri provenienti dalla ditta produttrice di gomma Davos che solo di recente è stata oggetto di un’ordinanza del comune ma unicamente in riferimento all’inquinamento acustico. Se ci si sposta dal comprensorio di Montebelluna verso il bellunese le presenze industriali che inducono i cittadini a lamentarsi sono i cementifici, è il caso di Ponte nelle Alpi (BL) dove l’Unicem ha un impianto che utilizza dicaliti come combustibile ossia rifiuti speciali. Pure qui tutto è regolarmente autorizzato ma da queste parti il ricordo del disastro del Vajont è ancora vivo e la gente rammenta con preoccupazione che anche la diga era in regola con i permessi. Inevitabilmente per queste emissioni come per quelle precedentemente citate non vi sono dati statistici-storici inoltre secondo il Comitato Salvaguardia Ambientale: “provare se le emissioni sono cancerogene è impossibile poichè i tumori hanno una decorrenza media ventennale”. Una riflessione condivisa anche dalla popolazione di Pederobba dove la Cementirossi da qualche tempo brucia nel suo forno pneumatici esausti, una pratica che ispira dubbi anche in termini di salubrità e qualità dei manufatti realizzati con questo cemento.




Comitato e associazioni: il risveglio dei cittadini

”Possono continuare a distruggere tanto oramai non è rimasto più niente”: è questo il commento lapidaria del poeta Andrea Zanzotto, già candidato al Nobel per la letteratura, nonché tra i massimi esponente della cultura contemporanea, all’attuale situazione ambientale della sua regione. Un parere in buona parte condiviso anche da uno scrittore e giornalista prestigioso quanto “velenoso” come Sergio Saviane secondo il quale: “in Veneto è stata distrutta un’intera civiltà ed oramai siamo costretti a vivere nella terra dei capannoni”. Ma se l’intellighenzia del Nordest denuncia il dilagare del degrado i cittadini non sono da meno e da alcuni anni a questa parte si sta assistendo ad un fenomeno nuovo caratterizzato dalla continua nascita di comitati popolari che riescono a coagulare su problemi specifici intere comunità, mettendo non poco in difficoltà amministratori zelanti e speculatori. Tradizionalmente i veneti sono stati ritenuti una popolazione quasi acefala, vittima di una mentalità remissiva nata dalla cultura contadina della mezzadria per questo il fenomeno dell’aggregazione in gruppi spontanei assume un’importanza notevole in una terra dove secondo il consigliere regionale verde Michele Boato “il cattolicesimo contadino e un po’ bigotto si è trasformato in religione del guadagno; il piccolo imprenditore e i schei sono valori trainati”. Se il volontariato ambientale dei comitati ha rivoluzionato per certi versi una fetta della società civile divenendo così importante da organizzarsi in un coordinamento interprovinciale non va dimenticato il prezioso lavoro delle associazioni a carattere nazionale che si sono impegnate per prime in difesa del patrimonio ambientale di questa regione. Oramai i promotori di nuove strade, discariche, centrali, cave, dighe e quant’altro devono fare i conti con una popolazione che sta progressivamente scoprendosi più attenta alla gestione del territorio e soprattutto della tutela della salute pubblica.




 

Il “buoco nero” dei rifiuti industriali

Sono oltre 4 milioni di tonnellate i rifiuti speciali e tossico nocivi derivanti annualmente dalle attività produttive in Veneto, secondo le stime fatte sulla base delle dichiarazioni presentate dalle aziende nella metà  degli anni novanta. In realtà si tratta di dati parziali poiché la rapida evoluzione legislativa in materia e il fatto che l’attività di smaltimento va collocata nell’ambito della libera impresa rende complesso un censimento che per forza di cose dovrebbe tenere conto anche delle continue oscillazioni del mercato dato che la produzione di rifiuti è strettamente collegata all’utilizzazione degli impianti. Le notizie certe sull’elusione delle normative e sull’abusivismo in materia di smaltimento non sono quindi    molte anche se va detto che periodicamente si registrano denunce di discariche illecite tanto che di recente a Longarone (BL) la Magistratura ha aperto un’inchiesta dopo il rinvenimento nell’alveo del fiume Piave di bidoni contenenti sostanze tossico-nocive. Se i fiumi sono tra gli ambiti territoriali dove più si riscontra questo grave fenomeno, per province quali Treviso i luoghi più a rischio sono le cave visto che se ne contano ben 300 di cui due terzi dismesse e quindi prive di vigilanza. Se gli esempi negativi non mancano è comunque doveroso rammentare che nel 1994 la regione Veneto è stata tra le prime in Italia a elaborare i dati sui quantitativi di rifiuti denunciati dalle aziende al fine di redigere un piano di smaltimento efficace. In questo contesto individuare una strategia d’incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti rappresenta un’esigenza indispensabile che potrebbe essere soddisfatta attraverso l’antagonismo tra gli addetti del settore in un mercato adeguatamente stimolato e sensibilizzato. Attualmente i più temerari propongono processi di inertizzazione dei rifiuti meno pericolosi per poi confezionarli in balle che a detta di alcuni potrebbero servire per il ripristino delle cave di argilla, che per l’alta impermeabilità e per la loro ubicazione a ridosso di monti e colline si prestano maggiormente allo scopo. Non va poi dimenticato che per questo tipo di problematica il decreto Ronchi insiste particolarmente sullo sviluppo del settore legato ai combustibili non convenzionali ma va da se che viste le forti e sovente motivate resistenze delle popolazioni vanno date maggiori garanzie in termini di sicurezza, individuando inoltre i siti più idonei.

 

Articoli pubblicato dal mensile

Ottobre 1998