Il torrente Teva pullulante di vita e di storia

Il torrente Teva pullulante di vita e di storia
di Ingrid Feltrin

 

I territori comunali di Valddobbiadene e Vidor sono in parte delimitati da un suggestivo ed interessante confine naturale, il fiume Teva. Un piccolo corso d’acqua che ha rappresentato un importante riferimento per le due comunità, tant’è che la frazione valdobbiadenese di S. Stefano viene anche denominata “Follo”, appellativo attribuitogli fin dal 1.400 per la diffusa attività di follatura dei panni lana, resa possibile proprio grazie all’abbondanza d’acqua del Teva.
La presenza del fiume consentì l’insediamento di diversi opifici, oltre al citato follo vi erano infatti mulini e anche tintorie nonché più tradizionali magli. La frenetica vita sociale che un tempo animava le rive di questo corso d’acqua era ancor più tangibile nei pressi della sua foce, dove passava “la naturale prosecuzione della via Claudia Augusta”, come spiega il Prof. Vittorio Galliazzo nel Piano Territoriale Turistico della Provincia di Treviso, citando gli studi dell’archeologo Alessio De Bon: “La via Claudia Augusta (passata accanto all’odierna Chiesa Arcipretale) imboccava subito dopo la “forcelletta” sita fra quota 194 e il Col Castello, la quale fu sempre valicata da una strada. Questa forcelletta venne abbassata in occasione della costruzione della strada attuale in modo che venne asportata completamente la sede stradale antica, però lungo il versante del Piave è possibile seguire la strada che nel medioevo era nota come Calchera la quale non segue il sorso della via attuale a monte del Setificio, ma scende direttamente nel piano, corso del Teva – Alessio De Bon, prosegue poi spiegando che a Vidor – la medievale Via Calchera sorpassato il Teva saliva verso il punto ove sorgeva nel secolo scorso il ponte di legno sulla Piave. L’esame della base del pilone di questo ponte sulla sponda sinistra non diede alcun elemento degno di rilievo – l’archeologo ispezionò quindi i ruderi dell’abbazia – Rivolsi in seguito la mia attenzione allo sprone che dalla sponda destra del Teva fronteggia la Piave sopra l’attuale Ponte di Vidor, riscontrando la presenza di una strada molto vecchia a sede molto larga, la quale però non può essere che l’antica corso pubblico che dalla vicina Valdobbiadene scendeva il ponte stesso”.
La convinzione del Prof. Vittorio Galliazzo è che si tratti, invece, del proseguo della via Claudia Augusta: l’archeologo De Bon aveva quindi visto giusto, ipotizzando la presenza della strada ma aveva sottovalutato la rilevanza dell’antico selciato che aveva scorto presso il Teva. Insomma su questo minuscolo affluente del Piave lungo pochi chilometri è stato ed è tutt’ora un importante riferimento per territorio che attraversa (le frazioni valdobbiadenesi di S. Stefano e San Giovanni e quindi il Comune di Vidor).
L’area d’interesse del fiume Teva ora è in parte coltivate a vigneti e sono molte le cantine che si affacciano sulle sue sponde, tant’è che in tempi recenti è stato interessato da un fenomeno d’inquinamento dato proprio dagli scarichi di un insediamento enologico: la convivenza con l’uomo che si è fatta quindi più complessa. Malgrado simili episodi il corso d’acqua però continua a destare meraviglia anche sotto l profilo naturalistico tant’è che nel 2006 l’organizzazione “EBN Italia” che si occupa di birdwatching, ha censito la presenza del Falco Pescatore. Il rapace frequenta abitualmente fiumi, laghi e paludi ma anche le rive del mare e pone il suo nido su alti alberi, in posizione dominante da dove spicca il volo per perlustrare gli specchi d’acqua, tuffandosi in picchiata per catturare i pesci. Il Falco Pescatore è sempre più raro, a causa della caccia, dell’impiego dei pesticidi in agricoltura, nonché per il disboscamento ma sul Teva è stato visto eseguire i suoi spettacolari tuffi ad artigli ed ali socchiusi per pescare.
Il piccolo fiume pedemontano possiede una ristretta fascia di vegetazione riparia naturale costituita da alberi ed arbusti, con ripe non molto alte ma scoscese e nonostante il suo carattere torrentizio anche nei periodi più siccitosi mantiene una seppur minima portata d’acqua, una peculiarità che rappresenta un’autentica ricchezza per l’intero ecosistema: “L’asta fluviale – spiega il circolo Legambiente di Sernaglia, relativamente al Piave – fino a Nervesa viene a trovarsi in secca costante eccettuati i brevi periodi delle intense piogge primaverili e autunnali. La fauna ittica è perciò costretta a concentrarsi nei pochi punti di immissione idrica in questo tratto di Piave è cioè alla foce della Teva a Vidor e delle “Fontane Bianche” oltreché alla foce del Soligo. Si hanno essenzialmente trote, cavedani, barbi, alborelle, anguille ecc.”.
Questo piccolo corso d’acqua che ha rappresentato un importante ausilio per la vita dell’uomo nel corso dei secolo, ora pur se in sofferenza per l’inquinamento non cessa quindi di mantenere le sue vitali funzioni ambientali e continua ad essere un luogo di suggestioni, che vale sempre la pena visitare magari per una piacevole passeggiata.

 

(articolo per il periodico “Insieme con fiducia” edito dalla Banca della Marca)