Futurismo

Il 20 febbraio 1909 il quotidiano francese Le Figaro pubblica il Manifesto del Futurismo, la corrente artistica italiana che nei primi decenni del Novecento riuscì a pervadere ogni forma di creatività: dalla pittura alla musica, dalla ceramica al mosaico, senza trascurare la scultura e la letteratura (poesia e teatro) né tanto meno danza, fotografia, cinema, architettura e perfino la gastronomia.
A sottoscrivere il primo documento d’intenti del movimento futurista fu il poeta Filippo Tommaso Marinetti: “Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità – si legge nel Manifesto – Noi vogliamo glorificare la guerra, sola igiene del mondo, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore – e ancora – Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria”.
Le parole di Martinetti non lasciano dubbi sullo spirito rivoluzionario del Futurismo che guardava con ammirazione al progresso scientifico e tecnologico, all’innovazione intesa come antidoto alle tradizioni, in un’epoca di grandi cambiamenti politici e sociali, che partorì scoperte quali la radio, l’aeroplano, il telegrafo senza fili ed in cui le automobili cominciavano a diffondersi.
La filosofia belligerante del movimento ha portato spesso ad un accostamento tra il Futurismo ed il Fascismo che, ad onor del vero ha riservato riguardi e favori agli esponenti di questa corrente artistica della quale però, facevano parte anche anarchici e futuristi di sinistra. Al primo manifesto ne seguirono molti altri, frutto del gran fermento intellettuale che le nuove idee avevano innescato: il Manifesto dei Pittori futuristi (1910 firmato da Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini), Manifesto dei Musicisti futuristi (1911 di Francesco Balilla Pratella), Manifesto della Donna futurista (1912 di Valentine de Saint-Point), L’Antitradizione futurista (1913 di Guillaume Apollinaire), Il controdolore (1913 di Aldo Palazzeschi), Manifesto dell’architettura futurista (1914 di Antonio Sant’Elia).
Nell’ambito della pittura, per alcuni artisti, il Futurismo fu una fase di transizione è il caso dei divisionisti Carlo Carrà e Gino Severini che successivamente abbracciarono il Cubismo, decretando la fine della fase iniziale del movimento (che coincise anche con la morte prematura di Umberto Boccioni nel 1916) e l’avvio quindi del Secondo Futurismo nel quale si distinguono due momenti: dal 1918 al 1928 ispirato al Costruttivismo ed al Postcubismo e dal 1929 al 1938 più surrealista che influenzerà anche il periodo seguente con il Terzo Futurismo e quindi l’epilogo di questa corrente artistica.
Il soggetto principe della pittura è il dinamismo, rappresentato come nell’emblematico “Dinamismo di un cane al guinzaglio” dipinto nel 1912 da Giacomo Balla in cui, il cagnolino è raffigurato con una moltitudine di zampe e la coda a ventaglio. In Architettura è Antonio Sant’Elia l’esponente più altro di questa corrente espressiva, nonché l’autore del Manifesto del 1914 e degli originali disegni della “Città Nuova”, una visione utopistica di Milano caratterizzata da grattacieli che si sovrappongono e si uniscono tra loro da passerelle e ponti aerei.
Francesco Balilla Pratella è il musicista di maggior successo del Futurismo, insieme a Luigi Russolo (che era anche pittore) al quale si deve l’invenzione di strumenti curiosi quali l’Intonarumori. Il poeta, drammaturgo, editore e scrittore Filippo Tommaso Marinetti oltre ad essere il teorico della corrente artistica è anche il suo letterato più noto inizialmente seguito da autori del calibro di Aldo Palazzeschi e Corrado Govoni che entusiasti del concetto Futurista, in seguito guardarono però con disagio alle “parole in libertà” di Marinetti, una tecnica poetica che massacra sintassi e punteggiatura. Un personaggio controverso ma di gran ispirazione, poliedrica ed inesauribile nel suo slancio creativo, che portò il Futurismo oltre confine, in Francia, Russia, Cecoslovacchia, Ungheria, ecc..
Il poeta milanese Paolo Buzzi aderì al Futurismo con entusiasmo e la sua produzione contempla anche saggi, traduzioni, narrativa e opere teatrali ispirate a problematiche sociali mentre più intimistico è l’altrettanto importante Corrado Govoni, un poeta dall’esistenza non facile, segnata da drammi personali che espresse con sensibilità e talento nelle sue composizioni poetiche che dopo la fase futurista approdarono ad un stile più crepuscolare.
Quanto ai numerosi protagonisti della pittura futurista è doveroso ricordare Umberto Boccioni autore di opere quali “Dinamismo di un ciclista” dove la filosofia della corrente artistica venne espressa a pieno raffigurando il movimento attraverso immagini in successione prive di linee rette e con colori complementari, mentre, nella scultura predilesse legno, ferro e vetro proponendo i temi cari al Futurismo in modo efficace. Il fiorentino Primo Conti pittore, musicista e scrittore diede il suo importante contributo con una serie di dipinti e disegni realizzati tra il 1917 ed il 1919 per poi indirizzarsi verso la Metafisica, un percorso in parte simile a quello di Giacomo Balla pittore, scultore e scenografo che dal Divisionismo approdò al nuovo movimento artistico, ottenendo non pochi consensi tanto che nel 1917 realizzò anche le scene per il balletto Feu d’artifice di Igro Stravinsky ma nel 1937 decise di abbandonare il Futurismo, scelta che gli cosò l’emarginazione dopo essere stato per anni “l’artista del fascismo”.
Fortunato Depero è probabilmente l’artista di questo periodo che seppe entrare in maggior misura nella quotidianità grazie alla sua duttilità che gli fece realizzare: opere grafiche in pubblicità (celebre la sua bottiglia di Campari Soda, del 1932), a disegnare arredi, allestimenti teatrali, architetture ed anche linee di moda e costumi di scena. Depero ottenne importanti incarichi all’estero e collaborò con riviste e giornali, come Ardengo Soffici che pur se pittore di talento pubblicò però soprattutto articoli di critica ed aderì al Futurismo dopo una lite con i suoi fondatori, per poi diventarne uno degli esponenti di maggior spicco.
Carlo Carrà abbracciò i concetti del dinamismo futurista, con genio ed estro creativo fino al 1916 quanto, l’incontro con Giorgio De Chirico lo portò verso la Metafisica.
Il pittore Ottone Rosai approdò quindi ad un linguaggio maggiormente espressionista, più rispondente alla necessità di manifestare il suo disagio interiore, conquistando estimatori anche all’estero, per la sua intensità espressiva.
di Ingrid Feltrin Jefwa
pubblicato dalla casa editrice Play Press di Roma