Il 5G aprirà le porte all’Internet delle cose ma a quale prezzo?

«L’Internet delle cose» è alle porte con l’arrivo del 5G, il nuovo standard per la comunicazione mobile. Una tecnologia in grado di consentirci, in un futuro oramai sempre più vicino, la connessione con migliaia di oggetti. Ci siamo scordati di compare il burro? Niente paura il nostro frigorifero ci invierà un messaggio sullo smartphone suggerendosi di fare tappa al supermercato, mentre rincasiamo da lavoro. Uno scenario da film avveniristico che farebbe luccicare gli occhi a chiunque ma come dice un adagio popolare: «ogni cosa ha un prezzo».

Innanzitutto, è opportuno chiedersi cosa sappiamo del 5G, il wireless di quinta generazione? Lo spiega l’architetto Mauro Attura di Grado (Gorizia), uno dei fondatori del CO.NA.CEM, il Coordinamento Nazionale per la tutela dai Campi ElettroMagnetici, prestigiosa organizzazione presieduta da Daniela Dussin di Castelfranco Veneto: «Rispetto ai sistemi mobili di telecomunicazioni GSM o UMTS i cui impianti hanno mediamente una potenza in antenna superiore a 20 watt, viceversa, il 5G sarà meno potente (nell’ordine di poche unità) ma questo imporrà maggiori istallazioni perché saranno usate antenne con un raggio d’azione di 100/150 mq. Si verrà quindi a creare una rete capillare di onde che si sovrapporrà a quelle già esistenti del 1G, 2G, 3G e 4G perché le società della telefonia mobile dovranno continuare a garantire il segnale anche a chi ha un telefonino di vecchia generazione. Ma non basta poiché il 5G avrà frequenze altissime, con valori di 27,5 GHz, quindi ben dieci volte superiore a quelle del 4G che arriva al massimo a 2,6 GHz».

Attualmente questa tecnologia è in fase sperimentale dopo che il Ministero dell’Industria ha individuato 120 comuni in Italia dove testare quest’innovazione ma, come spiega il Coordinamento Mcs formato da associazioni e comitati, volto a tutelare i malati di Mcs (Sensibilità Chimica Multipla) e Ehs (Ipersensibilità ai campi elettromagnetici), in una lettera inviata ai 120 sindaci: « … il wireless di quinta generazione è privo di studi preliminari sul rischio per la salute pubblica, fortemente criticato da ampia parte della comunità medico scientifica internazionale, non ultimo dal Comitato Scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti (SCHEER) della Comunità Europea che ne evidenzia i pericoli per ecosistema e popolazione civile».

I comuni interessati dalla sperimentazione in Veneto sono: Laghi, San Germano dei Berici e Gambugliano in provincia di Vicenza, La Valle Agordina e Vallada Agordina nel Bellunese oltre a Cinto Euganeo in provincia di Padova e Bevilacqua ne Veronese. Esentati dai test i trevigiani. Naturalmente il Coordinamento Mcs ha formalmente invitato i sindaci a rifiutare la scelta ministeriale, evitando ai propri concittadini di fare da cavie. «… facciamo presente che la tecnologia Wireless è caratterizzata da emissioni in Radiofrequenza/Microonde, ed è attualmente classificata come cancerogeno di classe 2B dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (I.A.R.C.), organo competente della Organizzazione Mondiale della Sanità per lo studio dei cancerogeni ambientali e dei loro effetti biologici».

Doveroso precisare che quando si parla di Classe 2B di cancerogenicità ci si riferisce ad un ambito nel quale sono ascritte sostanze quali: Piombo; Agenti chemioterapici come Bleomicina, Dacarbazina, Daunorubicina, Mitoxantrone, Mitomicina C; Cobalto e composti del cobalto; Bitumi (diversi tipi); Scarichi del motore; Oli combustibili; Erbicidi Clorofenossiderivati. Ma se ciò non bastasse un recente studio del National Toxicology Program ha aperto l’ipotesi di classificare questo tipo di onde come un cancerogeno di Classe 1, vale a dire cancerogeno certo.

Senza per forza citare istituzioni scientifiche d’oltreconfine, in Italia l’Istituto Ramazzini ha svolto la più vasta ricerca al mondo condotta su cavie uomo-equivalenti dimostrando che tra gli effetti delle radiazioni emesse dalle antenne della telefonia mobile vi è l’aumento di rari tumori del cervello nonché alle fibre nervose del cuore, fino al blocco dell’attività cardiaca. Tutt’altro che casuale quindi il fatto che oltre 180 scienziati e medici di 37 paesi diversi abbiano lanciato un vero e proprio appello, per mettere in guardia istituzioni e cittadini dai potenziali rischi del 5G sulla salute umana, richiedendo una moratoria.

«Neonati, bambini, donne in gravidanza, anziani, nonché ammalati che usano regolarmente farmaci e persone affette da sensibilità ai campi elettromagnetici, sono le più esposte dai rischi del 5G»: spiega l’avvocato Francesco Vettori di Vicenza che con l’architetto Mauro Attura di Grado e il radiotecnico Dino Damian di Dolo (Venezia) hanno costituito un team che assiste dal punto di vista tecnico, urbanistico e legale, i Comuni che intendono contrastare queste presenze nel loro territorio. L’avvocato vicentino ha citato le persone elettrosensibili, introducendo un aspetto molto delicato del problema visto che fin dal 1995, con la progressiva crescita del numero di antenne della telefonia mobile, sono aumentati anche coloro che sono affetti da questo disturbo, al punto che in alcuni paesi già dal 2005 i malati erano il 10% della popolazione.

«Come legale ho avuto modo di conoscere persone affette da elettro-sensibilità – prosegue l’avvocato Francesco Vettori -, e devo dire che non si può non restare colpiti da questi malati. In particolare, ricordo una signora di Vicenza che a fronte di disturbi fortemente invalidanti, ma al contempo inspiegabili per i medici che l’avevano curata, è stata addirittura ricoverata in psichiatria prima che qualcuno comprendesse la gravità del suo problema. Purtroppo, stiamo parlando di una patologia che non è più così rara, tant’è che in stati come la Svizzera e la Svezia è riconosciuta in maniera ufficiale ed è anche classificata come pensionabile, vista l’alto livello d’inabilità che ne consegue».

Francesco Vettori spiega poi che nonostante i danni causati alla salute pubblica dalla telefonia mobile siano accertati oramai da una moltitudine di studi scientifici, dei più autorevoli istituti medici, la questione 5G rischia di aprire scenari ancor più gravi: «Le grandi incognite sono date dall’effetto “forno a microonde” di queste onde che rischiano di avere conseguenze biologiche, quindi, sulla cellula e in ordine al DNA. Chi avvalla queste scelte ci sta esponendo in modo scriteriato a seri pericoli. Parliamoci chiaro fin dagli anni ’90 sapevamo che le onde dei telefonini causava infertilità maschile. A nulla sono valsi ammonimenti importanti come la risoluzione dell’Unione Europea, che però in quanto tale non ha potere d’imporre scelte ai paesi membri. Ora però siamo difronte a un futuro con un numero impressionante di antenne, che saranno collocate a tre metri dal suolo perché hanno un raggio d’azione inferiore e quindi vicinissime alle persone, e dotate di una potenza inquietante».

Di recente Fiorella Belpoggi, direttrice della ricerca al già citato Istituto Ramazzini ha dichiarato, in merito al 5G: «Bisogna agire in fretta, fermare l’avanzata del 5G e informare adeguatamente la popolazione sui rischi». Affermazioni difficili da ignorare che aprono un importante quesito: abbiamo davvero bisogno di questa tecnologia?

 

Quali strade percorrere per gestire il fenomeno 5G limitandone le conseguenze

Buona parte degli esperti che denunciano i rischi dati dall’introduzione del 5G si dicono consci del fatto che non sia facile far breccia su questo tema. Le onde della telefonia non sono visibili come una nube tossica o un fiume inquinato, sono impercettibili a livello sensoriale e quindi la consapevolezza della loro presenza viene meno. «Gli interessi economici in ballo sono enormi e non è facile contrastare il fenomeno, tanto più se si propone un’innovazione come fautrice della “casa intelligente” o dell’auto intelligente – spiga l’architetto Mauro Attura – Non ha quindi senso sperare di ottenere dei risultati in favore delle salute pubblica dicendo semplicemente “no” occorre fare proposte percorribili».

Va detto che l’architetto Attura, a fronte di anni di esperienza sul campo, dato che ha iniziato a occuparsi di questi problemi quando i pericoli venivano “solo” dagli elettrodotti, ha saputo coniare un’ipotesi davvero degna di nota, che attualmente è in fase di esame da parte dell’Amministrazione comunale di Grado. «L’unico modo per limitare i danni e governare il fenomeno – spiega l’architetto friulano –. Negli anni abbiamo visto che con la telefonia mobile è stato introdotto il concetto di “zone sensibili”, in realtà causando danni maggiori visto che si è finito col porre le antenne a 150/200 metri da asili e scuole senza sapere che per dei tralicci alti 25 o 30 metri quello sarebbe stato invece l’ambito di ricaduta più pericoloso. Ora dobbiamo ragionare in termini di zona free, gestendo a livello istituzionale la rete delle antenne. In buona sostanza, fatte salve alcune aree delle città che dovranno essere prive di queste presenze, per garantire luoghi vivibili a chi è affetto da elettro-sensibilità, per il resto dovranno essere le Municipalità a realizzare la rete di antenne, usando i condotti dell’illuminazione pubblica per far passare la fibra ottica, quindi senza dover fare grandi opere o spendere cifre astronomiche. L’alternativa è che ogni società della telefonia istalli le sue antenne, con una presenza sul territorio esponenziale. Viceversa, se saranno i comuni a farlo, non solo si limiteranno le antenne ma le Municipalità potranno contare su introiti appetibili facendo pagare l’affitto ai gestori della telefonia, che hanno tutto l’interesse a limitare i costi».

L’architetto Mauro Attura ha stimato che per un comune come Grado, che d’inverno ha circa 7mila abitanti ma che nella stagione balneare supera i 60mila, realizzare una rete per i 5G costerebbe 250mila euro, poiché: la rete dovrebbe essere molto estesa, visto che i parametri dei gestori sono sempre tarati sui picchi più alti di contatto al segnale. «Il comune di Grado mi ha chiesto un’ipotesi di costo e la cifra è parsa abbordabile, anche perché a fronte di una spesa inziale, affittando ai gestori le bande di traffico, non solo si ha un rapido recupero degli investimenti ma si può anche ipotizzare degli introiti non trascurabili, che in tempi di austerità possono far comodo alle istituzioni pubbliche». L’esperto spiega che occorre essere concreti, a fronte del dilagare della telefonia mobile non è realistico sperare di persuadere tutti ad abbandonare il cellulare, nonostante le argomentazioni medico-scientifiche siano solide e convincenti. Questa è la ragione per cui con i suoi colleghi ha ipotizzato una via alternativa.

 

Scenari futuri con il 5G

Attualmente in Italia ci sono 60mila antenne ma con l’introduzione del 5G secondo le stime diventerebbero 180mila in un batter d’occhio, sono nella fase iniziale. L’efficacia di questa tecnologia limitatamente alla breve distanza imporrà l’istallazione delle piccole antenne 5G ovunque (lampioni, case private, ecc.) ed a pochi metri dal suolo, inoltre, viste le loro modeste dimensioni, saranno anche discrete a livello visivo e quindi più facili da fare accettare alla popolazione. Lo scenario è quello di una presenza capillare di antenne, con una densità inimmaginabile e sarà impossibile essere immuni da questa tecnologia. C’è chi sostiene che vivremo immersi in un invisibile reticolo di onde, dalle quali non potremo sottrarci nemmeno nelle aree extra urbane, nei parchi o sulle vette delle montagne.

Tutto ciò nonostante nel 2011, la risoluzione n.1815 del Parlamento Europeo abbia ammonito: «… bisogna diminuire al massimo l’esposizione dei cittadini, perché ci sono delle evidenze di possibile danno». Un’assurda contraddizione che ad un convegno «Stop 5G» dalla dottoressa Fiorella Belpoggi, dell’Istituto Ramazzini di Bologna, ha ribadito con questo esempio: «… l’industria chimica e quella delle automobili non possono mettere sul mercato un prodotto senza aver prima fatto degli studi su se ci siano degli effetti sulla salute; alla telefonia mobile ciò non è mai stato chiesto. Anche tale industria, invece, dovrebbe essere obbligata a seguire un certo percorso, altrimenti sostenibilità e salute, parole di cui ci siamo riempiti la bocca in questi anni, vanno a farsi friggere. Il problema, inoltre, è che in Italia, per guadagnare dalle licenze sulla concessione delle frequenze radio-televisive, lo Stato ha reso gli operatori e gestori di telefonia mobile, di fatto, dei concessionari privati di un servizio. Ed abbiamo visto con il caso Autostrade cosa ciò comporti nel caso si verifichi un imprevisto e si renda opportuna una revoca».

Negli ultimi anni a fronte di problemi che potrebbero causare rischi alla salute pubblica è stato introdotto il principio di cautela ma dato che in questo caso il pericolo non è ipotetico ma certo, dati gli innumerevoli studi in materia, il termine più corretto da usare è prevenzione. Attuare misure atte a evitare le conseguenze di una nuova tecnologia sarebbe la strada più logica e sensata da prendere ma in questo caso il condizionale è d’obbligo, visti i precedenti.

pubblicato nel marzo 2019 da IL QUINDICINALE