Il Veneto, una regione che galleggiava sull’acqua, come il Kuwait sul petrolio

EDITORIALE – Siccità, oggi ci accorgiamo di quanto l’acqua sia preziosa

EDITORIALE – Molti anni fa un amico mi raccontò che stava ospitando dei parenti giunti dall’Australia e che fin dal loro arrivo nella nostra provincia, non si capacitavano delle nostre abitudini. A sconcertare gli australiani (evidentemente abituati a vivere in un contesto ambientale dove l’acqua è quanto mai esigua) era l’uso che i parenti trevigiani facevano della risorsa idrica. “Continuano a chiederci sgomenti perché sprechiamo l’acqua!”: mi disse sconsolato l’amico che tra l’altro, da ambientalista, riteneva di fare un uso parsimonioso della risorsa idrica.

In parole povere abbiamo tutto da imparare in fatto di risparmio idrico. Ma non solo nelle nostre consuetudini quotidiane, anche a livello di gestione del territorio. Di recente il presidente della Regione, Luca Zaia, ha dichiarato che gli invasi (le dighe in montagna, per intenderci) sono piene di detriti e hanno ridotto de 60% la loro capacità contenitiva. Sempre secondo il presidente del Veneto ora tocca all’Enel intervenire e farsi carico della pulizia degli invasi, che possono rappresentare un prezioso serbatoio di riserva in caso di siccità.

Francamente ho riletto 2 volte l’articolo che riportava le dichiarazioni di Zaia perché questa cose le ho personalmente dichiarate nel 2000 (quasi 23 anni fa!) ai microfoni di “Striscia la Notizia” (sì, lo ammetto, sono stata intervistata dal Gabibbo) nella trasmissione del 24 dicembre, vista da oltre 10 milioni di telespettatori. Tra l’altro il mio suggerimento era motivato dal timore che questa presenza negli invasi ne vanificasse l’efficienza e al contempo aprisse incognite sulla stabilità delle strutture. Ma sopra ogni cosa proponevo di usare gli invasi anche per laminare le piene dei fiumi, anziché promuovere progetti come quello della Diga di Falzè e delle più recenti Casse di espansione a Ciano del Montello.

La mia ipotesi (all’epoca ero presidente del Comitato intercomunale per la difesa del Piave) rimase lettere morta. Ma non basta, quando nel primi anni del 2000 l’allora Ministro per l’ambiente, Altero Matteoli, giunse a Castelcucco, durante la conferenza stampa gli chiesi come intendeva gestire le concessioni Enel, prossime alla scadenza. Lui mi guardò stupito, e davanti a tutta la platea dei giornalisti ammise che non conosceva la tematica: in parole povere non sapeva di quali concessioni stessi parlando.

Rimembranze di gioventù a parte, resta il fatto che l’acqua in buona parte di questo paese (non è una questione solo veneta) è sempre stata data per scontata, senza destare l’interesse lungimirante che meritava. Condotte idriche colabrodo, metodi d’irrigazione all’insegna dell’abbondanza. Solo negli ultimi anni gli enti di gestione degli acquedotti e consorzi irrigui si sono posti il problema del risparmio idrico: certo ci sono eccezioni virtuose ma in generale la gestione della risorsa acqua non è mai stata parsimoniosa.

Adesso arriva l’ordinanza di Zaia, volta a prevenire i problemi che potrebbero presentarsi, per il perdurare della siccità. Bene! Non entro nel merito dell’efficacia del documento, a breve con l’arrivo della stagione calda, tutti potranno farsi una chiara opinione al riguardo. Ma un quesito me lo pongo da tempo. Com’è possibile che il Veneto, ricco di risorgive, fiumi e sorgenti, insomma una regione che galleggiava sull’acqua, al pari del Kuwait sul petrolio, sia ridotto così? Non mi pare che la crisi climatica sia poi questa gran novità, dopotutto c’è chi ne parla da decenni, restando però rigorosamente inascoltato!

 

 

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