I funghi chiodini del Montello, una prelibatezza che la natura regala ogni autunno.

 

La dolcezza del paesaggio montelliano va di pari passo con quella dei suoi prodotti, dalle castagne, ai vini, senza dimenticare le patate e soprattutto i funghi tra i quali la fa da padrone, il celebre chiodino.

Profumati, piccoli dai colori inconfondibili e soprattutto dal gusto prelibato, i chiodini del Montello sono tra i prodotti gastronomici più rinomati della Marca, nulla a che vedere con i chiodini raccolti in altre località.

I “ciodét” come vengono chiamati dai residenti del colle, hanno un diverso sapore a seconda del ceppo o dell’albero su cui crescono in rigogliosi mazzetti e poiché sul Montello la specie botanica prevalente è la robinia, si deve a questa pianta il suo gusto unico.

Il suo profumo è intenso, il colore del cappello di un giallo che sfuma nell’ocra e nel bruno, punteggiato di piccole scaglie più scure mentre il lungo e sottile gambo presenta una anello alla base.

Quanto all’origine del suo nome è facilmente intuibile: la forma affusolata e lunga, coronata da un cappello poco esteso lo fanno assomigliare ad un chiodo, da qui l’appellativo popolare di “chiodino”, viceversa il suo nome scientifico è Armillaria Mellea.

Una curiosità su questo fungo è data dal fatto che, il chiodino è un fungo parassita, si nutre infatti della linfa dell’albero che lo ospita, pertanto le piante del Montello avendo una concentrazione di resina più bassa rispetto alle conifere, ne diminuiscono la tossicità, tant’è che basta una bollitura per espellerne le sostanze nocive. Viceversa i chiodini del Cadore richiedono una cottura più importante, sviluppandosi su pini, abeti o larici: inevitabilmente una bollitura superiore ne avvilisce il gusto, impedendogli di competere con i chiodini montelliani.

La raccolta di questo prodotto che cresce spontaneamente in autunno è disciplinata da un regolamento provinciale che vieta ai non residenti di improvvisarsi raccoglitori.

Unicamente le comunità del luogo possono raccogliere senza limitazione i funghi sui propri terreni di proprietà mentre chi risiede nel territorio comunale di Montebelluna, Crocetta, Giavera, Volpago o Nervesa (e non precisamente sul colle) può raccogliere i chiodini solo se munito di permesso, nei giorni di martedì e venerdì, per un massimo di tre chili. Quanti vengono pizzicati a trasgredire le disposizioni provinciali rischiano sanzioni oltre i 200 euro.

Norme quindi chiare ma anche quanto mai provvidenziali dopo che per lungo tempo i residenti hanno assistito a una sorta di saccheggio stagionale del bosco Montello, con raccoglitori che giungevano anche da fuori provincia pur di far incetta del prelibato fungo.

Ai tanti estimatori dei chiodini montelliani, non resta quindi che acquistarli o degustarli in uno dei tanti ristoranti del colle, dove si possono assaporare ricette gustosissime, dal tradizionale “risotto di chiodini” alle “crostate di pasta di pane con chiodini” senza dimenticare i “gnocchetti di zucca con formaggio fuso e chiodini”, in alternativa sono buonissimi anche accompagnati con la polenta o in un fumante quiches, insomma ce né per tutti i gusti. Quanto ai cultori del fai da te, sono molti quanti scelgono di preservare il gusto di questo fungo per assaporarlo anche oltre l’autunno, grazie ad un bel vasetto di “chiodini sott’olio”.

I chiodini non temono quindi confronti e sono motivo di grande orgoglio per i gastronomi locali, pertanto si possono citare gli altri funghi che crescono sul colle, senza timore di oscurare la fama del celebre “ciodét”.

Le prime piogge autunnali fanno spuntare sul Montello anche il cocco (Amanita Cesarea) una delle poche aree del Trevigiano in cui si può raccogliere, oltre ai porcini (Boletus Edulis), la spugnola (Morchella Conica) che cresce ai piedi del colle lungo il greto del Piave, quindi i gialletti (Cantaharellus Cibarius), gli alberelli (boletus Scabre) e i pioti (Lepiota Procera) somiglianti a delle mazze di tamburo.

Va detto che i chiodini sono proliferati con l’introduzione della robinia sul Montello mentre in precedenza la presenza prevalente di querce favoriva soprattutto ovoli e porcini, ma si sa i territori subiscono drastici cambiamenti per l’antropizzazione e in questo caso per la gioia del palato.

 

 

pubblicato dal periodico “Insieme con fiducia” edito dalla Banca della Marca