Il trionfo della mediocrità

È di questi giorni il dibattito sul cambio della guardia in diversi ambiti, dalla televisione alle grandi aziende partecipate

EDITORIALE – Da giorni tiene banco un’accesa discussione sulle nuove nomine in posti di rilievo dal punto di vista mediatico ma anche in ambiti cruciali per l’economia del paese, come le grandi aziende partecipate. Che dire? Nulla di nuovo sotto il sole. Si è rinnovata un’italica tradizione. La consuetudine, per chi arriva a governare nel palazzo, di far man bassa di poltrone nei posti cardine del paese, per garantirsi un solido appoggio durante il proprio mandato e in alcuni casi anche dopo se ci fosse un cambio della guardia ai vertici della nazione.

Senza entrare nel merito di chi ha preso il posto di Tizio, Caio o Sempronio (che intendiamoci, potrebbero anche vantare dei talenti): quello che lascia sempre l’amaro in bocca è che a dettare queste scelte non sono quasi mai qualifiche, meriti professionali o morali ma semplicemente il colore della casacca politica. Poco appassionante anche l’ergere a nuovi martiri gli esautorati che a prescindere dalle competenze sono stati a loro volta scelti con lo stesso metro. Certo se qualcuno si era distinto per abilità nel suo ruolo, può dispiacere ma, non stiamo parlando di famiglie monoreddito che vedono l’unico componente attivo restare disoccupato!

In Italia è così. Abilità, competenza, esperienza o qualifica hanno di fatto un peso limitato rispetto ad altri parametri di valutazione. Insomma, che si tratti di nepotismo, raccomandazione o “merito” politico, in questo paese non si capisce perché non si possa mai ambire all’eccellenza. D’altronde, parliamoci chiaro, se buona parte dei posti di rilievo sono occupati da chi ha dei santi in paradiso, mica gli si può affiancare uno bravo, altrimenti la differenza sarebbe troppo evidente.

 

https://www.oggitreviso.it/trionfo-della-mediocrit%C3%A0-au23291-307736